L’industria dell’intrattenimento in Italia: il caso del gaming
I primi computer, le sale giochi con i cabinati, le prime console basic come Atari e Commodore 64, le console 8-bit, quelle 16-bit, i pc più potenti e le console di ultima generazione. Sembra una lista della spesa ma è semplicemente l’evoluzione cronologica del gaming nel mondo.
Una storia che oggi si è arricchita di nuovi attori come le piattaforme di gioco online, il cloud gaming e le app di gioco, al momento il comparto più promettente a livello economico e di pubblico. Ma qual è lo stato dell’arte nel nostro Paese? E come s è evoluto il settore nel corso degli anni? Lo scopriremo nelle prossime righe.
L’Italia è al momento uno dei Paesi in cui si gioca di più nel pianeta e da quando esistono le piattaforme online gli indicatori del settore dell’intrattenimento nostrano sono cresciuti esponenzialmente. A confermarlo, per quanto riguarda il sotto comparto dei videogiochi è IIDEA, associazione che si occupa di monitoraggio e analisi di settore. Nel report del 2022 si legge come il mercato abbia toccato la cifra record di 2,2 miliardi di euro, l’81,5% dei quali generati dai software. Molto interessante anche il dato relativo alla produzione tricolore di giochi e app che, da un tessuto composto principalmente da piccole start-up si sta evolvendo in un campo in cui sono le piccole e medie imprese a dominare la scena.
Approfondimento dedicato meritano i casino online in Italia, arrivati nel nostro Paese nel 2011 e ancora oggi tra le piattaforme più apprezzate dal pubblico tricolore. Per operare sul web italiano i casino online necessitano, a partire dal 2012, dell’autorizzazione AAMS e oggi anche il mercato del nostro Paese si sta allineando a quello dei vicini europei. Il vero boom, a livello economico, è arrivato negli ultimi anni con il fatturato passato dai 20 milioni dell’estate del 2016 ai circa 200 milioni registrati alla fine del 2022. Risultati straordinari dovuti all’arrivo di nuove piattaforme di portata internazionale, alle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie (streaming, live gaming, realtà virtuale) e agli investimenti degli operatori nel campo della sicurezza informatica e delle politiche di attenzione al gioco responsabile. Due aspetti che hanno reso il gaming in Italia estremamente sicuro e controllato.
La vera novità di questi ultimi anni, come detto nelle righe introduttive, è però il comparto del gaming mobile. Per capire la portata del fenomeno è sufficiente aprire uno degli store online e rendersi conto che la maggior parte dei programmi scaricabili gratuitamente sono mini-giochi o versioni app dei giochi per pc e console. Un’impressione confermata anche dai numeri se pensiamo che nel solo 2022 sono stati ampiamente superati i 40 miliardi di download a livello mondiale.
In questo specifico comparto anche l’Italia sta iniziando a dire la sua, soprattutto a livello di numero di appassionati (il nostro Paese è sul podio europeo per app scaricate, numero di giocatori e giro d’affari generato) e sviluppatori. Nel 2016 si contavano già oltre 250mila case produttrici di app mobile mentre nel 2021 il volume economico generato dai giochi per smartphone si aggirava intorno ai 2 miliardi di euro.
L’altra grande novità del gaming italiano sono gli esports, ovvero i videogiochi competitivi a torneo. Attualmente nel Belpaese si contano circa 15 milioni di gamer (circa 9 milioni di persone che si dividono tra postazioni fisse e mobile) che passano davanti allo schermo circa 9 ore a settimana. A ben vedere non si tratta di una rivoluzione soltanto numerica ma di un vero e proprio fenomeno di portata culturale che va ben oltre i meri dati. Il gaming competitivo sta assumendo un’importanza enorme in Italia, grazie a una copertura mediatica sempre più capillare e “favorevole”, i gamer e gli streamer vengono considerati come veri e propri professionisti, con tanto di contratti di lavoro e sponsorizzazioni, i club sportivi stanno aprendo sezioni dedicate agli sport digitali e da molte parti si sta iniziando a concepire i videogiochi come strumenti utili per l’educazione e la formazione. Un cambiamento impensabile appena un decennio fa.